domenica 2 marzo 2014

Eros Alesi

foto di: http://www.melchiorre-mel-gerbino.com/


Eros Alesi nato nel 1951 in provincia di Roma, a Ciampino e morto giovanissimo il 31 gennaio 1971 è stato un immenso talento poetico ribelle, un ragazzo riottoso nei movimenti di protesta degli anni 60, partecipava alla mitica rivista underground italiana Mondo Beat , ha avuto una vita rocambolesca tra contestazioni, arresti, viaggi e stupefacenti. E' stato pubblicato postumo in antologie e tradotto in diverse lingue
Suoi testi sono apparsi dopo la sua morte nell'Almanacco dello Specchio", n. 2, 1973, con presentazione di Giuseppe Pontiggia; e in "Poesia degli anni settanta” (Feltrinelli, 1979) a cura di Antonio Porta (prefazione di Enzo Siciliano)
Scrive di lui Melchiorre Gerbino, direttore della rivista Mondo Beat:
"Eros Alesi, romano, era il ragazzo più popolare del Movimento Mondo Beat. Entrava e usciva dall'Istituto di correzione minorile Cesare Beccaria con una tale disinvoltura che a un certo punto la Questura si stancò e non lo arrestò più. Né la Questura poteva ingiungergli la diffida e il foglio di via perché era residente a Milano. Aveva allora 16 anni e non scriveva nulla e nessuno poteva immaginare che nella letteratura universale sarebbe stato ricordato come uno dei poeti più toccanti degli Anni delle Rivolte Giovanili."
E Giorgio Manacorda in  "LA POESIA ITALIANA OGGI Un’antologia critica" scrive: "Non ho voluto dimenticare il caso estremo di Eros Alesi, morto drogato giovanissimo, un vero talento, poteva diventare il poeta «americano» del Novecento italiano."
"Le poesie di Alesi sono un caso limite anche per ciò che interessa qui: sono la manifestazione estrema di cosa intendo per poesia. In un certo senso, i suoi testi sono anche una didascalia: rendono evidente in corpore vili l’idea che sostiene le scelte di questa antologia. Lo sprezzo della forma della poesia, qui non è un vezzo letterario o intellettualistico, ma una pura e semplice necessità espressiva, non è una scelta stilistica, ma una coazione allo stile. Le sue poesie sono preghiere. Forse le uniche preghiere laiche della letteratura italiana degli ultimi decenni. La religiosità che pervade questi testi e dà loro forma (il verso inedito, mai visto, generato dal «che» percussivo di cui parla Cordelli) è qualcosa di molto fondamentale, assolutamente originario. Alesi, che non sa nulla, se non la propria disperazione, riparte dai rapporti primari che hanno generato il sentimento religioso: il suo non è altro che il bisogno di amare il padre e la madre, e di esserne riamato."


POESIE:
                                                                                                       

Caro Papà.

Tu che ora sei nei pascoli celesti, nei pascoli terreni, nei pascoli marini.

Tu che sei tra i pascoli umani. Tu che vibri nell’aria. Tu che ancora ami tuo figlio Alesi Eros.

Tu che hai pianto per tuo figlio. Tu che segui la sua vita con le tue vibrazioni passate e presenti.

Tu che sei amato da tuo figlio . Tu che solo eri in lui. Tu che sei chiamato morto, cenere, mondezza.

Tu che per me sei la mia ombra protettrice.

Tu che in questo momento amo e sento vicino più di ogni cosa.

Tu che sei e sarai la fotocopia della mia vita.

Che avevo 6-7 anni quando ti vedevo Bello – forte – orgoglioso – sicuro – spavaldo rispettato e temuto dagli altri, che avevo 10-11 anni quando ti vedevo violento, assente, cattivo, che ti vedevo come l’orco che ti giudicavo un Bastardo perché picchiavi la mia mamma.

Che avevo 13-14 anni quando ti vedevo che vedevi di perdere il tuo ruolo.

Che vedevo che tu vedevi il sorgere del mio nuovo ruolo, del nuovo ruolo di mia madre.

Che avevo 15 anni e mezzo, quando vedevo che tu vedevi i litri di vino e le bottiglie di cognac aumentare spaventosamente.

Che vedevo che tu vedevi che i tuoi sguardi non erano più belli, forti, orgogliosi, fieri, rispettati e temuti dagli altri.

Che vedevo che tu vedevi mia madre allontanarsi. Che vedevo che tu vedevi l’inizio di un normale drammatico sfacelo.

Che vedevo che tu vedevi i litri di vino e le bottiglie di cognac aumentare fortemente.

Che avevo 15 anni e mezzo che vedevo che tu vedevi che io scappavo di casa, che mia madre scappava di casa.

Che tu hai voluto fare il Duro.

Che non hai trattenuto nessuno.

Che sei rimasto solo in una casa di due stanze più servizi.

Che i litri di vino e le bottiglie di cognac continuavano ad aumentare.

Che un giorno. Che il giorno. In cui sei venuto a prendermi dalle camere di sicurezza di Milano ho visto che tu ti vedevi solo. Che tu volevi o tua moglie o tuo figlio o tutti e due in quella casa da due stanze più servizi. Che ho visto che tu hai visto che eri disposto a tutto pur di riavere questo.

Che ho visto che tu hai visto la tua mano stesa in segno di pace, di armistizio.

Che ho visto che tu hai visto sulla tua mano uno sputo.

Che ho visto che tu hai visto i tuoi occhi lacrimare solitudine incrostata di sangue masochista, punitivo.

Che ho visto. Che tu hai visto il desiderio di voler punire la tua vita.

Che ho visto che tu hai visto il desiderio di non soffrire. Che ho visto che tu hai visto i litri di vino e le bottiglie di cognac continuare ad aumentare.

Che ho visto che hai visto in quel periodo la tua futura vita.

Che ho saputo che hai saputo che tuo figlio era un tossicomane che tua moglie attendeva un figlio da un altro uomo (figlio che a te non ha voluto dare).

Che ho visto che hai visto 3 anni passare. Che ho visto che hai visto che il giorno 9-XII-69 non sei venuto a trovarmi al manicomio. Perché eri morto.

Che ora tu vedi che io vedo. Che ora il 1° sei tu che giochi questo tresette col morto facendo il morto.

Ma che giochi ugualmente, che ora vedi che io vedo che ti adoro che ti amo dal profondo dell’essere.

Che ora vedi che io vedo che mia madre rimpiange. ALESI FELICE PADRE DI ALESI EROS

Che vedi che io vedo che sono fuggito ancora una volta verso la solitudine.

Che tu vedi che io vedo solo grande grandissimo nero lo stesso nero che io vedevo che tu vedevi.

Che ora continuerai a vedere ciò che io vedo.

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Che caro padre Istanbul ci rammenta – mi rammenta un anno di galera. Che caro padre io ti amo e ti ho quasi sempre amato. Che non volevo la tua ansia, il tuo dolore. Che arrivo ad Istambul con la carta d’identità falsa, senza una lira turca. Che rubo due passaporti, uno straordinario orologio e qualche spicciolo. Che a Istambul mi iniettavo dosi immemorabili di tintura di oppio. Che ero sereno, che non ti pensavo se non a sprazzi. Che dopo il furto un’ossessiva paranoia. Che un taxi fino ad Istambul orientale. Che la paranoia mi corrodeva. Che finalmente Izmit. Che incontro un francese al primo viaggio. Che lavoro a Modino grazie alla conoscenza del turco. Che un pomeriggio dal didentro di un albergo di quarta classe. Che qui George Souterbanc lascia i pantaloni contenenti passaporto e duecentocinquanta dollari ai piedi del letto. Che caro padre grande lotta introspettiva. Che alla fine fuggo con i pantaloni del francese. Che taxi. Che 50 grammi di oppio liquido. Che un paese di cui non ricordo il nome prendo un autobus diretto ad Ancara. Che paranoia ossessiva. Che Anchara aereo per Erzerum. Che ore contate col contagocce. Che finalmente diretto in Iran. Che tre giorni di viaggio bevendo il vomitevole liquido di oppio liquido. Che la prima sosta la dogana, e il mio oppio salvo. Che poi Tabris, poche ore di sosta. Che datteri e mele ho comprato. Che finalmente Teheran. Che Amircabir Hotel l’Hotel dei turisti danarosi. Che oppio e cataste. Che eroina cinque volte, fumata, secondo usanza locale. Che sniffata – che fixata. Che mi attendevo di più dalla regina delle droghe. Che venti compresse di morfina da 32 mg. Che cylon. Che contare. Che nuovo furto (orologio transistor) che meno paranoia della prima volta. Che treno per Mescad. Che gli ultimi soldini per Herat (Afghanistan). Che ad Herat aiuti causati dalla simpatia reciproca di un ragazzo tedesco. Che viaggio fino a Kandar incontro un vecchio compagno francese, Fransuas. Che insieme facciamo la vita con gli ultimi denari rimastimi da un piccolo furtarello di fiale di morfina.

Che l’essere viaggiava. Che l’essere era ridotto a stracci colorati. Che le campane suonavano. Che suonavano lentamente i 12 rintocchi. Che berrei volentieri un bicchiere di latte freddo.

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Cara, dolce


Cara, dolce, buona, umana, sociale mamma morfina. Che tu solo tu dolcissima mamma morfina mi hai voluto bene come volevo. Mi hai amato tutto. Io sono frutto del tuo sangue. Che tu solo tu sei riuscita a farmi sentire sicuro. Che tu sei riuscita a darmi il quantitativo di felicità indispensabile per sopravvivere. Che tu mi hai dato una casa, un hotel, un ponte, un treno, un portone, io li ho accettati, che tu mi hai dato tutto l’universo amico.

Che tu mi hai dato un ruolo sociale, che richiede e che dà. Che io a 15 anni ho accettato di vivere come essere umano “uomo” solo perché c’eri tu, che ti sei offerta a ricrearmi una seconda volta. Che tu mi hai insegnato a muovere i primi passi. Che ho imparato a dire le prime parole. Che ho provato le prime sofferenze della nuova vita.

Che ho provato i primi piaceri della nuova vita. Che ho imparato a vivere come ho sempre sognato di vivere. Che ho imparato a vivere sotto le innumerevoli cure, attenzioni di mamma morfina. Che non potrò mai rinnegare il mio passato con mamma morfina. Che mi ha dato tanto. Che mi ha salvato da un suicidio o una pazzia che avevano quasi del tutto distrutto il mio salvagente.

Che oggi 22-XII-1970 posso strillare ancora a me, agli altri, a tutto ciò che è forza nobile, che niente e nessuno mi ha dato quanto la mia benefattrice, adottatrice, mamma morfina. Che tu sei infinito amore infinita bontà. Che io ti lascerò soltanto quando sarò maturo per l’amica morte o quando sarò tanto sicuro delle mie forze per riuscire a stare in piedi senza le potenti vitamine di mamma morfina.

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foto di: http://www.melchiorre-mel-gerbino.com/ 
Nella foto:  Eros Alesi è il primo, a seguire, semicoperto Zafferano, poi Melchiorre Gerbino e Giorgio Cavalli, dopo che hanno presentato al Tribunale di Milano una denuncia contro la Questura, assieme ad altri 200 giovani di Mondo Beat (3 aprile 1967).


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 In questa foto: Eros Alesi gioca a carte con Gunilla Unger, la compagna svedese di Melchiorre Gerbino, durante uno sciopero della fame nella Cava di Mondo Beat (lo scantinato della sede del Movimento - primi di marzo 1967).

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