giovedì 28 giugno 2018

William Burroughs intervistato da Re Nudo


COME ARTAUD, COME BECKETT, W. BURROUGHS dice di essere:
<<L'ULTIMO SCRITTORE>>

 Re Nudo Maggio 1971 – nr. 5

Aggiungi didascalia



Il più enigmatico degli scrittori della Beat Generation William Burroughs è rivendicato dall'underground di tutto il mondo. I suoi libri sono i più violenti, i più disperati i più devastati dei nostri tempi. Come egli stesso ha scritto la sua opera è diretta contro coloro che per stupidità o per proposito sono decisi a far saltare in aria il pianeta o a renderlo inabitabile. Viaggiatore di tutti gli spazi, grande esploratore della droga cometa naufragata dal Messico a Parigi di passaggio par Tangeri egli ha messo a punto una straordinaria tecnica di scrittura in cui si intersecano magistralmente la scrittura automatica e la fantascienza il collage dadaista e la prosodia bop...

A.: l'underground vi rivendica; la opera di W. Burroughs fa parte della cultura underground?
W:B: la cultura underground è un pot-pourri, gruppi e genti diversissimi tra loro ci si identificano nell'equivoco.
A.: quale è la situazione dell'underground a Londra?
W.B.: non ho molti contatti, credo che l'Inghilterra sia a rimorchio degli S.U. Tutto è molto fluido e non si capisce del resto perché dovrebbe essere altrimenti. Gli inglesi hanno un talento particolare; essi incanalano a meraviglia la contestazione, l'establishment tiene in mano la situazione. L'underground londinese non ha lo stimolo che hanno i militanti neri negli S.U.
A.: che pensa del <movimento> in generale, degli hippies e delle comunità?
W.B.: condivido la loro insoddisfazione, ma attendo da parte loro delle proposte concrete di azione politica. Reagisco con piacere alla fioritura di Fronti di Liberazione, poiché tutto evidentemente favorisce il Fronte di Liberazione degli omosessuali. Ogni gruppo si comporta come se non dovesse mai prendere il potere. Desidererei sapere che farebbero se lo ottenessero. Prendiamo un esempio: l'approvvigionamento dei mercati, dei ristoranti e dei magazzini alimentari, rappresenta uno sforzo tecnologico considerevole che impegna la vita di milioni di persone. Che accadrebbe se questa enorme massa disertasse la società organizzata per combatterla? Essi morrebbero di fame in una settimana. I militanti sono pronti a prendere in considerazione questo tipo di problema?
A.: Lei dunque è in disaccordo con coloro come i leaders hippies, che consigliano alla gioventù di vivere ai margini e di attendere che il sistema si disintegri da solo.
W.B.: io preferisco delle proposte concrete. Lenin o la socialdemocrazia tedesca di Kautsky avevano un programma, delle idee precise sulla società da costruire. I rivoluzionari di oggi tacciono in proposito; fanno una piccola guerra con dei piccoli mezzi, le guerriglie marginali -revolvers ed esplosivi- non hanno una presa sufficiente sulla società industriale.
A.: Lei si interessa veramente di politica?
W.B.: non ho mai pensato che la politica possa risolvere qualche cosa. Quando un affare è discusso a livello politico è la morte. I sistemi si oppongono e si somigliano: io non vedo la differenza tra la polizia sovietica e la polizia zarista. Tuttavia tutti i problemi sono politici e quello della sessualità in primo luogo. Ma una vera rivoluzione deve coincidere con uno sconvolgimento totale delle coscienze, ribaltando l'uso dei mezzi di comunicazione di massa che hanno provocato gran parte dell'evoluzione di questi ultimi dieci anni.
A.: lei pensa ad una rivoluzione della mente?
W.B.: gli scienziati balbettano davanti alle possibilità che offre loro lo sviluppo delle conoscenze scientifiche. Ultimamente si sono applicati degli elettrodi al cervello di uno scimpanzè che si è poi coordinato con uno ordinatore; gli impulsi del cervello erano trasmessi alla macchina che li registrava e rispondeva. Sembra che così si potranno programmare degli uomini, curare i nevrotici, stimolare la memoria.
A.: crede che gli Stati Uniti siano entrati in un periodo di rivoluzione sessuale?
W.B.: non so... non sono molto colpito da quello che ho potuto vedere...
A.: e il Fronte di Liberazione della donna?
W.B.: le donne americane non vogliono essere più trattate come delle femmine ma come qualche cosa d'altro. Questo stato d'animo è vicino a quello della Cina comunista: là le donne portano gli stessi vestiti degli uomini, fanno lo stesso tipo di lavoro e non hanno dei privilegi particolari.
A.: tra i vecchi miti da distruggere quale è secondo lei il più pericoloso?
W.B.: non so. Tutta la pattumiera dell'establishment è da mettere in discussione. Questa cristianità che imputridisce il sistema da secoli, questi concetti che generano l'odio e la competizione come la famiglia e la nazione, questo grande mucchio di sporcizia. Se voi distruggete queste idee che reprimono le persone, le trascinano nell'ingranaggio delle reazioni automatiche, potrà essere che l'uomo liberato troverà infine qualche cosa d'altro? Nonostante tutto lo spero, non si può mai sapere. Io penso, per esempio, che non ci sia niente da attendersi dall'Inghilterra, tanto che non si sono mai viste diecimila persone sfilare a Londra al grido di <si smerdi la regina>.
A.: o il re.
W.B.: no la regina; anche quando c'è un re in Inghilterra è sempre la regina che domina il paese. Regina Vittoria, regina Elisabetta... i re non servono che alla riproduzione in questa società di insetti. Gli inglesi faranno il loro primo passo il giorno in cui si sbarazzeranno di questa inutile famiglia.

LE DONNE SONO UNA SPECIE DI ERRORE FONDAMENTALE

A.: lei non ama le donne. Nella <morbida macchina> il personaggio femminile divora il sesso di un uomo che ha da poco conquistato.
W.B.: Conrad afferma nel suo libro Vittoria, che le donne sono una maledizione, una specie di errore fondamentale.
L'orientamento antisessuale della nostra società serve alle donne: garantisce loro il controllo dell'uomo. La famiglia tradizionale blocca ogni progresso: i bambini sono allevati dalle donne, essi ereditano necessariamente tutte le idiozie del sistema e le nevrosi dei loro genitori. La nazione non è che una estensione, un'appendice della famiglia biologica. L'educazione dei bambini dovrebbe essere affidata allo stato. Questo è in parte il caso della Cina. A parte effimere esperienze iniziali la Russia ha lasciato sussistere la famiglia borghese.
A.: cosa mettere al posto della famiglia?
W.B.: niente! Meno i due sessi hanno rapporti meglio va.
A.: e l'amore?
W.B.: è un virus, un inganno inventato dalle donne.
A.: quali sono gli scrittori che l'hanno maggiormente influenzato?
W.B.: Jean Genet: è formidabile che abbia potuto scrivere <Notre dame des Fleurs> sulle pagine di una rivista. Che bel manoscritto! Ho ugualmente subito l'influenza di altri scrittori che ho letto: Cornad, Joyce, Céline, Cocteau, Beckett, Malcom Lowry...
A.: i suoi contatti con la Beat Generation?
W.B.: non ho mai incontrato Ferlinghetti ma ho conosciuto Michael McClure, Allen Ginberg, Gregory Corso, Jack Kerouac.
A.: lei è sulle loro stesse posizioni?
W.B.: non esattamente. Io li frequentavo ma noi non facciamo affatto le stesse cose. Io non credo alla non-violenza; le persone al potere non si autodepongono, nessuno manda fiori ai poliziotti se non tirandoli da una finestra e dentro un vaso.
A.: nella sua esistenza di tossicomane si è scontrato con la violenza...
W.B.: veramente no, tranne che per una settimana in cui rubai nel metrò di N... Non rubai granché, vuotavo le tasche agli ubriachi. Una sera uno di questi si mosse, lo si dovette picchiare. Dopo di ciò mi fermai.
A.: ma vi è del sadismo nei suoi libri?
W.B.: niente affatto a mio avviso.
A.: il suo obiettivo è soprattutto di rinnovare la scrittura e di sconvolgere le tecniche letterarie?
W.B.: mi sono sempre interessato all'innovazione linguistica. Non vedo l'interesse che ci sarebbe a rifare ciò che è già stato fatto, anche se lo si fa bene: a che servirebbe, al giorno d'oggi, un buon romanzo vittoriano? Noi siamo nell'epoca della televisione e della pittura astratta. Lo stesso Genet non è mai uscito da un certo classicismo, anche se esce fuori con le parole dalla prigione del linguaggio.
A.: le interessa la scrittura automatica dei surrealisti?
W.B.: si. Ma quante scritture che si definiscono automatiche lo sono realmente? I surrealisti avevano cominciato bene, ma solo Artaud ha continuato. Breton è diventato un papa: frequentava i salotti e passava il suo tempo a scrivere lettere di scomunica. Tzara, lui si è un innovatore: è stato lui che ha proposto di comporre un testo estraendo le parole da un cappello. Perché non introdurre dunque il caso anche nella letteratura, come lo è stato nella strategia militare od economica mediante la teoria dei giochi di Neumann e Morgenstern. L'aereonautica americana preparava i piani di attacco secondo cinque ipotesi differenti. Se ne estraeva una a sorte all'ultimo momento: il nemico non aveva così alcuna possibilità razionale di indovinare le intenzioni dello Stato Maggiore avversario. Cut-ups, o Fold-in, le tecniche di scrittura che abbiamo sperimentato puntano nella medesima direzione.

<L'EROINA MI HA DISTRUTTO>

A.: Lei crede che la droga possa ad un allargamento della coscienza.
W.B.: le droghe non sono molto importanti in sé stesse. Hanno il loro ruolo: è un mezzo che si usa per accorciare la via in mancanza di altro. Ma sarebbe ottimista credere che le droghe potrebbero da sole produrre una trasformazione radicale delle coscienze. Guardi il Marocco: si fuma legalmente da secoli e non è successo niente di speciale. La sostanza più interessante di tutte quelle che ho provato è lo yage. Un allucinogeno incredibile, da prendere di notte, con visioni al color bleu. Sfortunatamente lo yage provoca una leggera nausea, è soprattutto molto tossico e non ha un gran margine di sicurezza. Mentre la cannabis, non ha alcuno di questi inconvenienti, anzi.
A.: la psilocibina?
W.B.: Non mi piace affatto: è sintetica. Io preferisco di gran lunga le droghe naturali a quelle chimiche. Personalmente sono allergico a l'LSD: ad alte dosi rammollisce il cervello. Con l'acido ho il viso gonfio e le mani balorde. Con la cannabis mi controllo e mi sento molto sicuro di me; me ne servo per lavorare, accelera l'andatura delle associazioni. Ottengo così 3 o 4 idee su di uno stesso argomento, nello stesso tempo.
A.: cosa intende per allargamento della coscienza?
W.B.: è quasi impossibile spiegarlo. Gli allucinogeni ampliano le percezioni, ci si può arrivare anche senza droga ma è molto più difficile.
A.: come ha cominciato con l'eroina?
W.B.: per curiosità, parecchi anni fa. Poi mi sono assuefatto prestissimo come tutti: in sei mesi. A parti da allora ero intossicato a vita. Ho preso eroina per 15 anni, con delle pause. Ho smesso, ho ricominciato, ho smesso di nuovo. Se ne riprendessi ora mi intossicherei in due giorni. Bisogna che mi sorvegli da molto vicino. Supponga che mi prenda un raffreddore e che mi curi come ho fatto una volta in Francia, con delle pillole alla codeina: il Neocodion. È blando in apparenza, ma tutto potrebbe servire a farmi ricominciare.
A.: da questo elenco di droghe, encodal, pantoton, oppio, pulpium, morfina, cocaina, eroina, come ne è uscito?
W.B.: con l'apomorfina. Ero giunto al limite di sopportazione quando sentii di questo vaccino. Vivevo allora in un tugurio in un quartiere indigeno di Tangeri. Da più di un anno non mi lavavo, né mi cambiavo di abito. Non mi spogliavo quasi più, salvo per conficcare ogni ora l'ago di una siringa ipodermica nella mia carne grigia e fibrosa, la carne legnosa dello stadio finale della droga. Non avevo mai pulito né messo in ordine la camera. Scatole di fiale vuote, distrutte, di ogni specie si accumulavano fino al soffitto. L'acqua e l'elettricità erano state tagliate da tempo, non facevo proprio niente. Potevo restare immobile otto ore di seguito e contemplare il fondo delle mie scarpe. Non mi muovevo se non per rovesciare una clessidra. Quando un amico veniva a trovarmi (ma venivano raramente), a vedere che restava di me, io rimanevo prostrato, indifferente nell'ombra che offuscava la mia vista. Questo schermo grigiastro ogni giorno più vuoto e più sfumato. Senza prestare alcuna attenzione alla sua presenza. Se questo amico mi fosse caduto davanti io sarei restato seduto senza muovermi, attendendo la sua morte per potergli svuotare le tasche.
A.: l'eroina è stata una esperienza interessante?
W.B.: no.
A.: avrebbe potuto scrivere gli stessi libri senza essere tossicomane?
W.B.: non ho scritto nessun libro quando prendevo l'eroina; era assolutamente impossibile. L'eroina diminuisce non solo la percezione del particolare ma anche la percezione dell'insieme del processo psico-fisico. Un artista deve poter dominare i suoi sensi e la sua coscienza. Ma per uno scrittore ogni esperienza è proficua anche la più distruttrice.
A.: di che viveva allora? Non lavorava?
W.B.: no. Ricevevo un po' di denaro dai miei genitori.
A.: erano a conoscenza del suo stato?
W.B.: si, lo sapevano.
A.: si pensa in genere che quelli che ricorrono all'eroina lo facciano perché spinti da motivi psicologici.
W.B.: è ridicolo. La maggior parte dei tossicomani lo è perché ha preso gusto alla droga. Vi erano recentemente in Iran 3 milioni di tossicomani, che non avevano certo tutti, almeno credo, problemi psicologici. Nell'America del sud gli indiani si abbrutiscono con la cocaina. Potrebbero essere allo stesso modo degli alcolizzati se solo ne avessero l'occasione: prendono quello che trovano per dimenticare la loro condizione miserevole. Il problema è lo stesso per gli abitanti dell'India che sono ricorsi all'oppio.
A.: lei scrive tutti i giorni?
W.B.: si, salvo quando mi prendo qualche vacanza.
A.: la cannabis è dunque l'unica droga che desidererebbe vedere autorizzata?
W.B.: droga od alcol la legge non offre soluzioni. Si ricordi del fiasco del proibizionismo in America. La soluzione può venire solo da una regolamentazione intelligente.

martedì 10 maggio 2016

Mario Santiago Papasquiaro


Mario Santiago Papasquiaro, nome d'arte di José Alfredo Zendejas Pineda ( Mixcoac, Messico, DF, 24 dicembre 1953 - 10 gennaio 1998 ) è stato un poeta messicano, autore di numerose poesie, ha pubblicato poco durante la sua vita, partecipò con Roberto Bolaño al movimento infrarealista.
L’infrarealismo è un movimento poetico che nasce dalla mano del cileno Roberto Matta quando André Breton lo espelle dal surrealismo. Questo movimento aveva come consegna "far saltare in aria il cervello alla cultura ufficiale".
Fu rifondato dopo l'abbandono del laboratorio di poesia alla UNAM (Universidad Nacional Autónoma de México) intorno al 1974 in Messico da un gruppo di poeti messicani e cileni, tra i quali Mario Santiago Papasquiaro e Roberto Bolaño, seguaci del poeta Efrain Huerta contrapposti ai giovani poeti che seguivano Octavio Paz.
Ruben Medina: "L'infrarealismo è un movimento che riunisce delle persone che cercano di fare poesie e assumere un ruolo, a partire da una posizione etica di opposizione alle forme dominanti in cui si fa poesia, ma soprattutto ai gruppi di potere, gruppi che detengono o stanno imponendo un certo modo di vedere la letteratura, la scrittura e la posizione dello scrittore. Dunque questi giovani non hanno un'estetica specifica ma piu' che altro propongono una ricerca di nuove forme di espressione, di comunicazione, di intendere la poesia, connesse a quella che sarebbe la relazione Arte-Vita, riprendendo un po' certe posizioni dell'avanguardia, un'avanguardia che finì per essere cooptata e che questi giovani vogliono in qualche modo tornare a sperimentare."
Carmen Boullosa  ha detto in un'intervista del 2007:
"Negli anni 70 in Messico, tutti volevamo essere poeti. Così come i giovani di oggi, tutti vogliono fare cinema, noi sognavamo di diventare poeti. Per la verità conducevamo un'intensa vita letteraria, facevamo un sacco di letture, andavamo negli stessi caffè, andavamo ad ascoltare gli scrittori che parlavano, tutti andavamo dove andavano gli altri. Eravamo tutti uguali, ci vestivamo allo stesso modo, eravamo come una specie laureata di hippie, eravamo tutti come una massa di poeti, tutti uguali, però credevamo di essere divisi in due bande: definivamo stalinisti quelli dell'altra parte e adoravamo Octavio Paz; quelli dell'altro lato adoravano Efraín Huerta. Io stavo dal lato di Octavio Paz, credevamo di essere molto raffinati, in realtà tutti usavamo i sandali tipici messicani e le camicie di Oaxaca. Quelli dell'altro lato credevano che eravamo dei borghesi perché tutti usavamo le stesse cose... Conobbi gli infrarealisti, ma li temevo molto perché si comportavano male: intervenivano nelle letture di poesia, davano fastidio e insultavano la gente, facevano guerre."
All'inaugurazione ufficiale del gruppo infrarealista Bolaño espose le ragioni del suo odio per Paz: “i suoi crimini odiosi al servizio del fascismo internazionale, i mostruosi piccoli mucchi di parole che ridicolmente chiama 'poesie', i suoi insulti abietti all'intelligenza latinoamericana, la pessima imitazione di una 'rivista letteraria' che puzza di vomito e va nota con il nome di 'Plural'”...
Bruno Montane: "Eravamo una banda di amici molto intimi. Il ricordo confonde la visone di amici riuniti al caffè La Habana - che Roberto rinominò il café Quito -, e anche di un'erranzia per le strade che non fu tutto quell'atteggiamento sucida che in quel momento credevamo, salvo Mario Santiago che era un instancabile camminatore di strade urbane. Però credo che, a parte Roberto, già a quel tempo l'unico gran poeta che c'era nel Gruppo era Mario Santiago. Il metodo di scrittura di quelle poesie era semplice: uno o due versi a testa e poi facevamo il montaggio”.
La fase dell'infrarealismo più importante durò fino al 1977, sebbene il movimento sia stato perpetrato anche posteriormente da diversi autori.


POESIE:

Canzone implacabile

Mi cago in Dio
& in tutti i suoi morti
Mi cago nel cazzo
& nella figa della vergine
Mi cago nei morti
del Dio del Dio
Nella superbia di Federico Nietzsche
nel corpo tremante della mia anima
& nelle ortiche all'aria dell'ateo
Nella morte prematura dei giusti
nella fugacità del coito e nei suoi fuochi fatui
nel Verbo animale
nella fantasia-Rizoma
nei testi del sapere così svezzato
Nella fessura dei mondi
io cado.
Concentrato nell'incendio dei miei pori
In questo alcol-erbaccia che mi centina
Nell'occhio infinito delle mie impronte
nel furore selvaggio del casino
nell'impossibile morte e nelle loro offerte
nel fango di aspide che riscalda
nelle rocce della amata
nella levitazione della mia bambola d'ossa
nel cuore di quello zoppo innominabile
Nell'aleph acquoso delle mie piaghe
nel vetroso disagio del mio assassino
nella mano del piacere
nella droga nidificata nelle sue zanne
nell'orco filantropico & in sua moglie
sulla tomba del caso così coccolati
nel germe della lirica / che è cacca
Nella merda aerea
nelle grumi topas
nel cranio tutto splendente di Charleville
Nei ratti che ancora scappano dal mare ubriaco
Nel tenero
nel molle
& nell'inerme
Nel rutto di etere dei rospi
Nei sangui bollenti
Nell'ombra
Negli sputi rosa delle albe
Nel vetro insensato che ho scelto come strada
nelle gole di Venere tumefatta
Nel platone della festa
negli orinali della tregua
nel fungo marcio & il suo tridente
Nel genealogico tumore della US Army
nella vasta stirpe della merda
Abisso & bagliore / azzardo & vento
Vena aperta dal coccige alla clavicola
Giri di ubriachi
Fiamme di arpe ovattate
Nell'inglese senza ascelle del Dio-inventamorti
nel morbido & nel multiplo rumore che fanno 2 lacrime
nel mare: nei suoi deserti:
& in me stesso.

*****
Mario Santiago Papasquiaro: Canción Implacable

Me cago en Dios
& en todos sus muertos
Me cago en la hostia
& en el coñito de la virgen
Me cago en los muertos
del Dios de Dios
En la soberbia de Federico Nietzche
en el cuerpo tembloroso de mi alma
& en las ortigas al aire del ateo
En la muerte prematura de los justos
en la fugacidad del coito & sus centellas
en el verbo animal
en la imaginación-rizoma
en los textos del saber tan destetado
En la raja de los mundos
yo me caigo
Concentrado en el incendio de mis poros
En este alcohol-maleza que me cimbra
en el ojo infinito de mis huellas
en el furor salvaje del desmadre
en la imposible muerte & sus ofrendas
en el barro de áspid que calienta
en las rocas de la amada
en la levitación de mi calaca
en el cojo corazón de lo innombrable
En el aleph acuoso de mis llagas
en la vítrea desazón de mi asesino
en la mano del placer
en la droga anidada en sus colmillos
En el ogro filantrópico & su esposa
en la tumba del azar tan manoseada
en el germen de la lírica / que es caca
En la boñiga aérea
en las lagañas topas
en el cráneo todo esplendor de Charleville
En las ratas que aún huyen del Mar Ebrio
en lo blando
en lo fofo
& en lo inerme
En el eructo de éter de los sapos
en las sangres hirvientes
en las sombras
en el rosa gargajo de las albas
en el vidrio insensato que he escogido como calle en las barrancas de Venus tumefacta
En el platón del festín
en las bacinicas de la tregua
en el hongo podrido & su tridente
En el genealógico tumor de la US Army
en el extenso linaje de la mierda
Abismo & resplandor / azar & viento
Vena abierta de cocxis a clavícula
Regazo de embriaguez
Llama de arpas embozadas
En las ingles sin axilas de Dios-inventamuertos
en el suave & múltiple rumor que hacen 2 lágrimas
en el mar : en sus desiertos :
& en mí mismo.

********************************************************




SAN JUAN DE LA CRUZ LE DA 1 AVENTÓN
A NEAL CASSADY /SULLA FRONTIERA TRA IL MITO E IL SUONO/

La strada si sporge correndo al centro proprio
incendio centrifugo
Tijuana svanisce fluttuando bassa nella tenerezza dell'occhio
Schegge di cabaret e materasso spingono la scia
di elfi che impregnano l'illusione di questo istante
Nella radio: Jim Morrison inghiotte spore cresciute
nella cicatrice del diluvio
Questo collegamento mentale si mette al volante
Schizzandomi alle stelle l'esterno e dentro
Verde macchiolina la giungla
Il destino rotola
Tutto sarà e muovendomi alto dalla terra creo fantasie
con le ali delle più folli lucciole
È di notte/ e nella strada/ e volando
I Doors con energia hanno creato l'atmosfera elettrica
Il corpo dell'anima si immerge nel viaggio
Il centro curva
La curva è selvaggia
La strada è Dio stesso
Ogni nodo / ogni pezzo
vacilla: svanisce
Il piede si sta agitando
La mente distrugge l'euforia dell'eco.
L'assassino sonnambulo passò i portoni dell'incubo vuoto
Nevicava nel'agitata notte di aprile
Lo spazzatura con lo sciopero raggiungeva le tempie
L'eroe si stringeva nella giacca scarlatta sporca di sperma
L'eccitazione gli baciava i piedi
Gli stivali / l'odore di un destino previsto e abbagliante
viaggi di chemio
Aaarrrggghhh!
La leonessa parigina partorisce 1 cagata in più di leggenda
e tedio
Ma la sete / l'irresistibile magnete del desiderio più del
miele
accesa /
Spinge il nostro Lord Jim Catacombe a strappare
barbe
dando la caccia alla figa di 1 angelo che solo a lui
fuggiva
((De Chirico osservava come l'occhio dalla torre germoglia senza regole))
L'assassino sonnambulo si è seduto seduto sul ponte
saltato in aria
dellla metropolitana di Parigi
Il freddo apre le viscere / il canale sotterraneo che collega la caduta
da 1 sogno torrenziale inarrestabile a un'altra velocità di
hashish
Quella notte il Comune è stato massacrato per sempre
Il bordello è marcito con singolari sciocchezze
Il più lontano dal fiume: scarabocchiava senza parlare ciò che rimaneva
istintivamente
L'assassino / nudo / provava le piroette
Trascinando strisce ghiacciate e sporche
del suo cappotto-bandiera
Il suo coltello era un paradiso che rinunciava al suo paradiso
La neve: la vittima
1 crocifissione senza radici popolava i vagoni
sospesi
nellla memoria
il clochard rivoltoso assalta questa notte
la storia
della metropolitana di Parigi
Barrato il pe / la a / la doppia esse/ la y greca
Con i colpi di vetro la stazione è stato battezzata
Metro Landru
1 bottiglia di Vedova / 2 preghiere in turco
Il mio palazzo è di vertebre / la mio fiume Senna di urina:
Già senza lame il mondo
In santa pace la carogna.
*****
SAN JUAN DE LA CRUZ LE DA 1 AVENTÓN
A NEAL CASSADY /EN LA FRONTERA
ENTRE EL MITO & EL SUEÑO/
La carretera se pandea rumbo al centro de su propio
incendio centrífugo
Tijuana se desvanece flotando bajo la mollera del ojo
Esquirlas de cabaret & colchón empujan la estela
de duendes que preña la ilusión de este instante
En el radio: Jim Morrison traga esporas crecidas
en la cicatriz del diluvio
Este puente mental va al volante
Estrellado el afuera & adentro
Verde mota la selva
El destino rodando
Todo ser & hasta en zancos escupe ovnis bordados
con alas de las más locas luciérnagas
Es de noche / & en carretera / & volando
Los Doors con los dientes hacen realidad su voltaje
El cuerpo del alma se baña en el viaje
El centro se curva
La curva es salvaje
La carretera es Dios mismo
Cada ganglio / cada trozo
resbala: se esfuma
El pie va braceando
La mente desyerba la euforia del eco.
El asesino sonámbulo cruzó los portales de la pesadilla vacía
Nevaba en la azorada noche de abril
La huelga de basura había llegado a sus sienes
Apretaba el héroe su abrigo escarlata chorreado de esperma
La excitación le besaba los pies
Las botas / el olor a 1 destino presentido en fulgurantes
viajes de chemo
¡Aaarrrggghhh!
La leona parisina paría 1 cagarruta más de leyenda
& de tedio
Pero la sed / el irresistible imán del deseo de más miel
encendida /
empujaba a nuestro Lord Jim Catacumbas a arrancarse
las barbas
a correr persiguiendo el coño de 1 ángel que sólo a él le huía
((De Chirico observaba como ojo de torre brotado sin reglas))
El asesino sonámbulo se sentó sobre el puente volado
del Metro Passy
El frío le abría las entrañas / la atarjea que unía la caída
de 1 sueño al torrente imparable de otro speed de hashish
Esa noche la Comuna era masacrada para todos los tiempos
El burdel se pudría con singular sinsentido
¡Lo más lejos del río!: garabateó afónico lo que quedaba
de instinto
El asesino / desnudo / ensayaba piruetas
arrastrando a tajadas los carambanos manchados
de su abrigo-bandera
Su navaja era el cielo que renunciaba a ser cielo
La nieve: la víctima
1 crucifixión sin raíces poblaba los vagones suspendidos
en la memoria
del clochard revoltoso que asaltaba esa noche la historia
perdida del Metro Passy
Tachadas la pe / la a / la doble ese / la y griega
Con golpes de vidrio la estación fué bautizada como
Metro Landrú
1 botellazo de Viuda / 2 oraciones en turco
Mi palacio es de vértebras / mi río Sena de orín:
Ya sin aspas el mundo
En santa paz la carroña.




(Traduzione di Andreas Finottis)

martedì 18 novembre 2014

Charles Cros

Francese, fu un poeta innovativo, uno scrittore umoristico che scrisse apprezzati monologhi satirici e fu anche un geniale inventore, inventò il fonografo, la fotografia a colori e scoprì il principio su cui si basa il funzionamento del telefono.
Ma era principalmente poeta, ammiratore di Baudelaire, la sua poesia è improntata sulla continua ricerca di nuove forme espressive, anche le invenzioni che fece sono nate sulla spinta del suo desiderio di esprimere la poesia in nuovi modi.
Pubblicò con Mallarmé e Verlaine nella rivista Renaissance littéraire et artistique.
La sua passione per la poesia fu tale che arrivò a studiare dei modi per inviare le parole verso altri pianeti con: "Etude sur los moyens de communication avec les planètes".
Guillaume Apollinaire considerava Cros il vero padre del simultaneismo.
Non ebbe il successo che meritava per la sua indipendenza e di conseguenza  le ristrettezze economiche gli impedivano di realizzare le sue invenzioni, come con il fonografo che mentre Cros era bloccato con la realizzazione del prototipo per l’elevato costo necessario venne brevettato da Edison, anche le sue altre invenzioni non gli procurarono i guadagni che meritava.
 Morì a Parigi il 9 agosto 1988 a soli 46 anni tra alcol e miseria, avvilito dalla malattia che aveva colpito la moglie.
Suo figlio Guy-Charles Cros (1879-1956) fu un apprezzato poeta.


MONDANO

Dopo aver vuotato tutte le coppe, tutte!
Alla fine devo rientrare; perché le mie fibre dissolte,
Nei caffè volgari, frequentati dalle puttane,
Hanno freddo nella notte pesante e nei sospettanti mattini.
Camminiamo. Ecco già brulicare la gente dei mercati.
Arrossisco, ortolani, nel vedere i vostri i grembiuli sporchi,
Rinfrescati dall’odore lontano degli aratri.
Lavoratori, ignari dei malsani amori,
Voi ammucchiate cavoli sul marciapiede, senza mai
Voi sospettare dell’orrore che segue il passante pallido.

___________________________
traduzione di Andreas Finottis
testo in lingua originale:

NOCEUR

Après avoir vidé toutes les coupes, toutes!
Il faut enfin rentrer; car mes fibres dissoutes,
Dans les cafés criards, hantés par les catins,
Ont froid dans la nuit lourde et les douteux matins.
Marchons. Voici grouiller déjà les gens des halles.
Je rougis, maraîchers, à voir vos blouses sales,
Que rafraîchit l’odeur lointaine des labours.
Travailleurs, ignorants des malsaines amours,
Vous entassez des choux sur le trottoir, sans même
Vous douter de l’horreur qui suit le passant blême


domenica 2 marzo 2014

Eros Alesi

foto di: http://www.melchiorre-mel-gerbino.com/


Eros Alesi nato nel 1951 in provincia di Roma, a Ciampino e morto giovanissimo il 31 gennaio 1971 è stato un immenso talento poetico ribelle, un ragazzo riottoso nei movimenti di protesta degli anni 60, partecipava alla mitica rivista underground italiana Mondo Beat , ha avuto una vita rocambolesca tra contestazioni, arresti, viaggi e stupefacenti. E' stato pubblicato postumo in antologie e tradotto in diverse lingue
Suoi testi sono apparsi dopo la sua morte nell'Almanacco dello Specchio", n. 2, 1973, con presentazione di Giuseppe Pontiggia; e in "Poesia degli anni settanta” (Feltrinelli, 1979) a cura di Antonio Porta (prefazione di Enzo Siciliano)
Scrive di lui Melchiorre Gerbino, direttore della rivista Mondo Beat:
"Eros Alesi, romano, era il ragazzo più popolare del Movimento Mondo Beat. Entrava e usciva dall'Istituto di correzione minorile Cesare Beccaria con una tale disinvoltura che a un certo punto la Questura si stancò e non lo arrestò più. Né la Questura poteva ingiungergli la diffida e il foglio di via perché era residente a Milano. Aveva allora 16 anni e non scriveva nulla e nessuno poteva immaginare che nella letteratura universale sarebbe stato ricordato come uno dei poeti più toccanti degli Anni delle Rivolte Giovanili."
E Giorgio Manacorda in  "LA POESIA ITALIANA OGGI Un’antologia critica" scrive: "Non ho voluto dimenticare il caso estremo di Eros Alesi, morto drogato giovanissimo, un vero talento, poteva diventare il poeta «americano» del Novecento italiano."
"Le poesie di Alesi sono un caso limite anche per ciò che interessa qui: sono la manifestazione estrema di cosa intendo per poesia. In un certo senso, i suoi testi sono anche una didascalia: rendono evidente in corpore vili l’idea che sostiene le scelte di questa antologia. Lo sprezzo della forma della poesia, qui non è un vezzo letterario o intellettualistico, ma una pura e semplice necessità espressiva, non è una scelta stilistica, ma una coazione allo stile. Le sue poesie sono preghiere. Forse le uniche preghiere laiche della letteratura italiana degli ultimi decenni. La religiosità che pervade questi testi e dà loro forma (il verso inedito, mai visto, generato dal «che» percussivo di cui parla Cordelli) è qualcosa di molto fondamentale, assolutamente originario. Alesi, che non sa nulla, se non la propria disperazione, riparte dai rapporti primari che hanno generato il sentimento religioso: il suo non è altro che il bisogno di amare il padre e la madre, e di esserne riamato."


POESIE:
                                                                                                       

Caro Papà.

Tu che ora sei nei pascoli celesti, nei pascoli terreni, nei pascoli marini.

Tu che sei tra i pascoli umani. Tu che vibri nell’aria. Tu che ancora ami tuo figlio Alesi Eros.

Tu che hai pianto per tuo figlio. Tu che segui la sua vita con le tue vibrazioni passate e presenti.

Tu che sei amato da tuo figlio . Tu che solo eri in lui. Tu che sei chiamato morto, cenere, mondezza.

Tu che per me sei la mia ombra protettrice.

Tu che in questo momento amo e sento vicino più di ogni cosa.

Tu che sei e sarai la fotocopia della mia vita.

Che avevo 6-7 anni quando ti vedevo Bello – forte – orgoglioso – sicuro – spavaldo rispettato e temuto dagli altri, che avevo 10-11 anni quando ti vedevo violento, assente, cattivo, che ti vedevo come l’orco che ti giudicavo un Bastardo perché picchiavi la mia mamma.

Che avevo 13-14 anni quando ti vedevo che vedevi di perdere il tuo ruolo.

Che vedevo che tu vedevi il sorgere del mio nuovo ruolo, del nuovo ruolo di mia madre.

Che avevo 15 anni e mezzo, quando vedevo che tu vedevi i litri di vino e le bottiglie di cognac aumentare spaventosamente.

Che vedevo che tu vedevi che i tuoi sguardi non erano più belli, forti, orgogliosi, fieri, rispettati e temuti dagli altri.

Che vedevo che tu vedevi mia madre allontanarsi. Che vedevo che tu vedevi l’inizio di un normale drammatico sfacelo.

Che vedevo che tu vedevi i litri di vino e le bottiglie di cognac aumentare fortemente.

Che avevo 15 anni e mezzo che vedevo che tu vedevi che io scappavo di casa, che mia madre scappava di casa.

Che tu hai voluto fare il Duro.

Che non hai trattenuto nessuno.

Che sei rimasto solo in una casa di due stanze più servizi.

Che i litri di vino e le bottiglie di cognac continuavano ad aumentare.

Che un giorno. Che il giorno. In cui sei venuto a prendermi dalle camere di sicurezza di Milano ho visto che tu ti vedevi solo. Che tu volevi o tua moglie o tuo figlio o tutti e due in quella casa da due stanze più servizi. Che ho visto che tu hai visto che eri disposto a tutto pur di riavere questo.

Che ho visto che tu hai visto la tua mano stesa in segno di pace, di armistizio.

Che ho visto che tu hai visto sulla tua mano uno sputo.

Che ho visto che tu hai visto i tuoi occhi lacrimare solitudine incrostata di sangue masochista, punitivo.

Che ho visto. Che tu hai visto il desiderio di voler punire la tua vita.

Che ho visto che tu hai visto il desiderio di non soffrire. Che ho visto che tu hai visto i litri di vino e le bottiglie di cognac continuare ad aumentare.

Che ho visto che hai visto in quel periodo la tua futura vita.

Che ho saputo che hai saputo che tuo figlio era un tossicomane che tua moglie attendeva un figlio da un altro uomo (figlio che a te non ha voluto dare).

Che ho visto che hai visto 3 anni passare. Che ho visto che hai visto che il giorno 9-XII-69 non sei venuto a trovarmi al manicomio. Perché eri morto.

Che ora tu vedi che io vedo. Che ora il 1° sei tu che giochi questo tresette col morto facendo il morto.

Ma che giochi ugualmente, che ora vedi che io vedo che ti adoro che ti amo dal profondo dell’essere.

Che ora vedi che io vedo che mia madre rimpiange. ALESI FELICE PADRE DI ALESI EROS

Che vedi che io vedo che sono fuggito ancora una volta verso la solitudine.

Che tu vedi che io vedo solo grande grandissimo nero lo stesso nero che io vedevo che tu vedevi.

Che ora continuerai a vedere ciò che io vedo.

--------------------------------------------------------------------

Che caro padre Istanbul ci rammenta – mi rammenta un anno di galera. Che caro padre io ti amo e ti ho quasi sempre amato. Che non volevo la tua ansia, il tuo dolore. Che arrivo ad Istambul con la carta d’identità falsa, senza una lira turca. Che rubo due passaporti, uno straordinario orologio e qualche spicciolo. Che a Istambul mi iniettavo dosi immemorabili di tintura di oppio. Che ero sereno, che non ti pensavo se non a sprazzi. Che dopo il furto un’ossessiva paranoia. Che un taxi fino ad Istambul orientale. Che la paranoia mi corrodeva. Che finalmente Izmit. Che incontro un francese al primo viaggio. Che lavoro a Modino grazie alla conoscenza del turco. Che un pomeriggio dal didentro di un albergo di quarta classe. Che qui George Souterbanc lascia i pantaloni contenenti passaporto e duecentocinquanta dollari ai piedi del letto. Che caro padre grande lotta introspettiva. Che alla fine fuggo con i pantaloni del francese. Che taxi. Che 50 grammi di oppio liquido. Che un paese di cui non ricordo il nome prendo un autobus diretto ad Ancara. Che paranoia ossessiva. Che Anchara aereo per Erzerum. Che ore contate col contagocce. Che finalmente diretto in Iran. Che tre giorni di viaggio bevendo il vomitevole liquido di oppio liquido. Che la prima sosta la dogana, e il mio oppio salvo. Che poi Tabris, poche ore di sosta. Che datteri e mele ho comprato. Che finalmente Teheran. Che Amircabir Hotel l’Hotel dei turisti danarosi. Che oppio e cataste. Che eroina cinque volte, fumata, secondo usanza locale. Che sniffata – che fixata. Che mi attendevo di più dalla regina delle droghe. Che venti compresse di morfina da 32 mg. Che cylon. Che contare. Che nuovo furto (orologio transistor) che meno paranoia della prima volta. Che treno per Mescad. Che gli ultimi soldini per Herat (Afghanistan). Che ad Herat aiuti causati dalla simpatia reciproca di un ragazzo tedesco. Che viaggio fino a Kandar incontro un vecchio compagno francese, Fransuas. Che insieme facciamo la vita con gli ultimi denari rimastimi da un piccolo furtarello di fiale di morfina.

Che l’essere viaggiava. Che l’essere era ridotto a stracci colorati. Che le campane suonavano. Che suonavano lentamente i 12 rintocchi. Che berrei volentieri un bicchiere di latte freddo.

----------------------------------------------------------------------------------------

Cara, dolce


Cara, dolce, buona, umana, sociale mamma morfina. Che tu solo tu dolcissima mamma morfina mi hai voluto bene come volevo. Mi hai amato tutto. Io sono frutto del tuo sangue. Che tu solo tu sei riuscita a farmi sentire sicuro. Che tu sei riuscita a darmi il quantitativo di felicità indispensabile per sopravvivere. Che tu mi hai dato una casa, un hotel, un ponte, un treno, un portone, io li ho accettati, che tu mi hai dato tutto l’universo amico.

Che tu mi hai dato un ruolo sociale, che richiede e che dà. Che io a 15 anni ho accettato di vivere come essere umano “uomo” solo perché c’eri tu, che ti sei offerta a ricrearmi una seconda volta. Che tu mi hai insegnato a muovere i primi passi. Che ho imparato a dire le prime parole. Che ho provato le prime sofferenze della nuova vita.

Che ho provato i primi piaceri della nuova vita. Che ho imparato a vivere come ho sempre sognato di vivere. Che ho imparato a vivere sotto le innumerevoli cure, attenzioni di mamma morfina. Che non potrò mai rinnegare il mio passato con mamma morfina. Che mi ha dato tanto. Che mi ha salvato da un suicidio o una pazzia che avevano quasi del tutto distrutto il mio salvagente.

Che oggi 22-XII-1970 posso strillare ancora a me, agli altri, a tutto ciò che è forza nobile, che niente e nessuno mi ha dato quanto la mia benefattrice, adottatrice, mamma morfina. Che tu sei infinito amore infinita bontà. Che io ti lascerò soltanto quando sarò maturo per l’amica morte o quando sarò tanto sicuro delle mie forze per riuscire a stare in piedi senza le potenti vitamine di mamma morfina.

-------------------------------------------------------------------------------------------------------

foto di: http://www.melchiorre-mel-gerbino.com/ 
Nella foto:  Eros Alesi è il primo, a seguire, semicoperto Zafferano, poi Melchiorre Gerbino e Giorgio Cavalli, dopo che hanno presentato al Tribunale di Milano una denuncia contro la Questura, assieme ad altri 200 giovani di Mondo Beat (3 aprile 1967).


foto di: http://www.melchiorre-mel-gerbino.com/














 In questa foto: Eros Alesi gioca a carte con Gunilla Unger, la compagna svedese di Melchiorre Gerbino, durante uno sciopero della fame nella Cava di Mondo Beat (lo scantinato della sede del Movimento - primi di marzo 1967).

Per approfondire e per documenti storici del periodo visitate il sito:
http://www.melchiorre-mel-gerbino.com/

o sulla pagina Facebook Mondo Beat:  Album: Eros Alesi a Mondo Beat

o su Twitter Mondo Beat:  https://twitter.com/Melmondobeat


lunedì 1 luglio 2013

Rain On The Scarecrow (John Mellencamp / George M. Green) con traduzione



Rain On The Scarecrow (John Mellencamp / George M. Green)

Spaventapasseri su una croce di legno, merlo nel fienile
Quattrocento vuoti ettari che erano la mia azienda agricola
Sono cresciuto come mio padre mi ha detto, mio nonno è cancellato da questa terra
Quando avevo cinque anni ho camminato sulla recinzione mentre il nonno mi teneva la mano
Pioggia sullo spaventapasseri, sangue sull'aratro
Questa terra ha alimentato una nazione, questa terra mi ha reso orgoglioso
E figlio mio, mi dispiace, ma non erediterai niente
Pioggia sullo spaventapasseri, sangue sull'aratro
Pioggia sullo spaventapasseri, sangue sull'aratro
Le colture cresciute la scorsa estate non sono bastate per pagare il mutuo
Impossibile comprare il seme da piantare questa primavera e la Banca Agricoltori mi è preclusa
Ha chiamato il mio vecchio amico Schepman per mettere all'asta il terreno
Ha detto John è solo il mio lavoro e spero che tu capisca
Beh definirlo un lavoro il tuo non è giusto
Ma se vuoi dirò una preghiera per la tua anima stasera
E nonna è sulla veranda con la Bibbia in mano
A volte sento il suo canto: "Portami nella terra promessa."
Quando portate via la dignità a un uomo non può più lavorare nei suoi campi e tra le sue mucche
Ci sarà del sangue sullo spaventapasseri, sangue sull'aratro
Sangue sullo spaventapasseri, sangue sull'aratro
Beh ci sono novantasette croci piantate nel cortile al palazzo di giustizia
Novantasette famiglie che hanno perso novantasette aziende agricole
Penso a mio nonno e ai miei vicini di casa e al mio nome
E alcune notti mi sento morto come quello spaventapasseri sotto la pioggia
Pioggia sullo spaventapasseri, sangue sull'aratro
Questa terra ha alimentato una nazione, questa terra mi ha reso orgoglioso
E figlio, mi dispiace, rimangono solo dei ricordi per te adesso
Pioggia sullo spaventapasseri, sangue sull'aratro
Pioggia sullo paventapasseri, sangue sull'aratro
Pioggia sullo spaventapasseri, sangue sull'aratro
Questa terra ha alimentato una nazione, questa terra mi ha reso orgoglioso
E figlio, mi dispiace, rimangono solo dei ricordi per te adesso
Pioggia sullo spaventapasseri, sangue sull'aratro
Pioggia sullo spaventapasseri, sangue sull'aratro
-------------------------------------------------- --------------------------
(John Mellencamp/George M. Green)

Scarecrow on a wooden cross, blackbird in the barn
Four hundred empty acres that used to be my farm
I grew up like my daddy did, my grandpa cleared this land
When I was five I walked the fence while Grandpa held my hand
CHORUS
Rain on the scarecrow, blood on the plow
This land fed a nation, this land made me proud
And son I'm just sorry there's no legacy for you now
Rain on the scarecrow, blood on the plow
Rain on the scarecrow, blood on the plow
The crops we grew last summer weren't enough to pay the loan
Couldn't buy the seed to plant this spring and the Farmers Bank foreclosed
Called my old friend Schepman up to auction off the land
He said John it's just my job and I hope you understand
Well calling it your job ol' hoss sure don't make it right
But if you want me to I'll say a prayer for your soul tonight
And Grandma's on the front porch with a Bible in her hand
Sometimes i hear her singing, "Take me to the Promised Land."
When you take away a man's dignity he can't work his fields and cows
There'll be blood on the scarecrow, blood on the plow
Blood on the scarecrow, blood on the plow
Well there's ninety-seven crosses planted in the courthouse yard
Ninety-seven families who lost ninety-seven farms
I think about my grandpa and my neighbors and my name
And some nights I feel like dyin' like that scarecrow in the rain
Rain on the scarecrow, blood on the plow
This land fed a nation, this land made me proud
And son I'm just sorry they're just memories for you now
Rain on the scarecrow, blood on the plow
Rain on the scarecrow, blood on the plow
Rain on the scarecrow, blood on the plow
THis land fed a nationk this land made me proud
And son I'm just sorry they're just memories for you now
Rain on the scarecrow, blood on the plow
Rain on the scarecrow, blood on the plow
Tagga la fotoAggiungi p

sabato 1 giugno 2013

Nucleo Negazioni - Le Negazioni, trentasei pezzi - Edizioni Nulla Die



Questa è una raccolta di 36 composizioni letterarie di 18 autori facenti parte del Nucleo Negazioni.
E' un calcio in culo alla letteratura addomesticata.
Sono parole intagliate nella propria carne che urlano e sputano il sangue del disagio, della non adesione alla società falsa con i suoi meccanismi disgustanti.
E' un viaggio negli inferi da cui riemergi con una visione nitida del reale.
Non è inutile/futile intrattenimento.
Se vivete tremebondi in un cantuccio aggrappati alle piccole illusioni con cui vi prendono per il culo non leggete questo libro, potrebbe rovinarvi la vita.
"Dallo sperma, urlando, nasci / nell'amore passione cuore, cagando parole, muori."
(Andreas Finottis, dal libro "Le Negazioni" Nulla Die edizioni)


Nucleo Negazioni, Le Negazioni, trentasei pezzi, Poesia, ISBN 9788897364665, € 12,00, Nulla Die edizioni

Può essere ordinato e acquistato nelle librerie di ogni parte d’Italia e anche in molte librerie estere o negli store on line.

Per acquistare il libro con IBS clicca su questa scritta


Per acquistare il libro direttamente dall'editore clicca su questa scritta


giovedì 28 marzo 2013

Suzanne Vega: Cracking



Suzanne Vega: Cracking

Una moltitudine
Cammina con me
E vedremo
Quello che abbiamo ottenuto
Ah ...

I miei passi sono ticchettio
Come gocce d'acqua da un albero
Camminando sul confine dei problemi
Muovo i piedi stando attenta
Ah ...

Il mio cuore è spezzato
Si sono consumate le ginocchia
Udito smorzato
Vista accecata
Presto verrà il Profondo Gelo

E qualcosa è rotto
Non so dove
Ghiaccio sul marciapiede
Fragili rami
In volo

Il sole
È accecante
Confusa giallo oro, danzante verde bosco
Attraverso il parco nel pomeriggio
Chiedendomi in quale inferno
Ero prima
Ah ...
****************************************
CRACKING

A lot
Walk with me
And we will see
What we have got
Ah...

My footsteps are ticking
Like water dripping from a tree
Walking a harline
And stepping very carefully
Ah...

My heart is broken
It is worn out at the knees
Hearing muffled
Seeing blind
Soon it will hit the Deep Freeze

And something is cracking
I don't know where
Ice on the sidewalk
Brittle braches
In the air

The sun
Is blinding
Dizzy golden, dancing green
Through the park in the afternoon
Wondering where the hell
I have been
Ah...



giovedì 28 febbraio 2013

The Clash & Allen Ginsberg - Ghetto Defendant


Nel quinto album dei Clash "Combat Rock" uscito nel 1982 la traccia numero 10 è "Ghetto Defendant", una canzone tratta da una poesia di Allen Ginsberg in cui Ginsberg recita alcune parti.


PERSEGUITATO DEL GHETTO

Il verme dell'acropoli
Fa danzare la cosmopoli
Illuminando la gente dei quartieri poveri

Oscurità affamate di vivi,
Chi avrà sete dentro una fogna?
Adescata nella città
Lei passò tutta l'esistenza a decidere
Come scapparne via
Tossicodipendenti di città
Una volta il destino aveva un senso
E gli anni mi sembravano amici
Ora le ragazze innamorate
Partoriscono bambini che possono sognare
Solo sogni che cominciano con la morte

Spari in eterno
Gatti pieni di metadone
Serenità in un polmone d'acciaio

Perseguitato del ghetto
L'eroina non ti piega
Né il gas lacrimogeno né le cariche coi manganelli
Ti impediranno di prendere la città

Buttati fuori dalla società
Murati fuori dalla città
Cacciati via a bastonate dai benestanti
Ci hanno messo la peste in casa nostra
Siamo scappati di corsa fuori dai ghetti
Gli sbirri sono nervosi
Costretti a fare i guardoni durante le feste
E a raccogliere nel buio
Pochi spiccioli gettati
Hanno cocci di vetro
In cambio della vita
Sono nati fregati

Quelli che governano
tranquilli e di aspetto piacevole
In un attimo fanno una legge
Senza pietà, ma di aspetto piacevole

Il principe del ghetto re dei poeti di fogna
Fu cacciato fuori dalla stanza
Jean Arthur Rimbaud
Dai guardiani della speculazione
Per aver disturbato le loro bombe
1873
Le sue parole lanciavano fiamme
Comune di Parigi
Bruciavano i ghetti da dentro le barriere
Ma la sua faccia era diversa dalle altre
Allora fu emarginato

Morto a Marsiglia
Sepolto a Charleville
Tacque

Detersivi e petrolio nell'acqua che ci allaga
Tutto è sveglio e agitato
Sulla grande nave del progresso
La ciurma è senza freni
Le sirene urlano
L'ammiraglio dorme mentre dà ordini
Sottomarini bolliti nell'oceano
Mentre gli eserciti combattono con le stelle

--------------------------------------------------------



Do the worm on the acropolis
Slamdance the cosmopolis
Enlighten the populace

Hungry darkness of living
Who will thirst in the pit?
Hooked in metropolis
She spent a lifetime deciding
How to run from it
Addicts of metropolis
Once fate had a witness
And the years seemed like friends
Girlfriends
Her babies can dream
But dreams begin like the end

Shot into eternity
Methadone kitty
Iron serenity

Ghetto defendant
It is heroin pity
Not tear gas nor baton charge
That stops you taking the city

Strung out of commitee
Walled out of the city
Clubbed down from uptown
Sprayed pest from the nest
Run out to barrio town
The guards are itchy
Forced to watch at the feast
Then sweep up the night
Flipped pieces of coin
Broken bottles
Exchanged for birthright
Grifted in a jiffy


Strung out committee
Sitting pretty
Graphed in a jiffy
No pity, pretty

The ghetto prince of gutter poets
Was bounced out of the room
Jean Arthur Rimbaud
By bodyguards of greed
For disturbing the bomb
1873
His words like flamethrowers
Paris' Commune
Burnt the ghettos in their chests
His face was painted wither
And he was laid to rest

Died in Marseille
Buried in Charleville
Shut up

Soap floods oil in water
All churn in the wake
On the great ship of progress
The crew can't find the brake
Klaxons are blaring
The admiral snores command
Submarines boil in ocean
While the armies fights with suns

martedì 15 gennaio 2013

Emanuel Carnevali



(Firenze, 4 dicembre 1897 – Bazzano, 11 gennaio 1942)
Scappa di casa  a 16 anni e va a New York senza sapere una parola d'inglese, vive con lavori saltuari in zone malfamate, riesce ad imparare l'inglese, appassionato di poesia diviene uno dei poeti americani più influenti, conoscendo i massimi esponenti della letteratura, poi si ammala e ritorna in Italia dove trascorre l'ultima parte della sua vita.


Poesie:

QUASI UN DIO


Sto morendo alla mercé di questo caldo
ma potrebbe esser peggio.

Amo mia moglie
ma dovrei amarla di più

Amo la mia ragazza ma il suo amore dovrebbe essere più universale.
Soltanto una parola la descrive ma non so quale sia.

Tutto è più breve di qualcos'altro:
tutto è più uguale a Dio di qualcos'altro.

C'è competizione nel caos,
una cosa molto stupida.

Sono dubbioso come un ramo di salice
che curvo ammicca all'acqua.

Ammiro il diavolo perché lascia le cose incompiute.
Ammiro Dio perché tutte le completa.


(Ottobre-Dicembre 1931)


ALMOST A GOD

I am dying under this heat
but there may be worse.

I love my wife
but I should love her more.

I love my sweetheart but her love should be more universal.
One word describes her but I do not know which word.

All shorter than something else:
All is more God-like than something else.

There is competition in the chaos,
which is very foolish.

I am in doubt as a bent willow branch
nodding to the water.

I admire the devil for he leaves things unfinished.
I admire God for he finishes everything.


**************************************************


In grigio


Il giorno mi pesa addosso come una tonnellata di fumo.
Le cose già fatte sono
cadaveri che riempiono di fetore
le stanze grigie dei miei ricordi.

Il futuro è una fila di
bambini nati morti.

La pozza dell’oblio è fangosa.
Solo ricordi in lenta marcia
avanzano lungo la strada dell’oggi. Cielo grigio
per ridestarmi in un momento.

Ma un sonno tetro è il programma per oggi:
sonno che sale dal cuore
come un gas nero.

Io so che per avere dormito a lungo
i morti hanno ripreso forza.
In giorni come questi
spalancano a calci le loro tombe
e ne balzano fuori con eleganza.

Sussurrano orribili segreti
l’uno all’altro e a me.
Portano i loro sudari e
li scuotono animosamente.

O Divinità del terrore e della malinconia
vienimi in aiuto!
Ho ancora baci sfioriti per te,
baci che non voglio buttare via perché sono molto povero,
distaccami dai miei ricordi.

Essi mi inquietano tanto che il sonno sussulta e fugge,
sussulta e fugge.


*************************************************************************************


Certe cose ci puntano contro il dito e ridono.
Certe cose
si nascondono agli occhi della gente
e si odono
piangere sommessamente. Certe cose cadono dal cielo:

cose nere informi, mostri
della notte e terrore
dei giorni.Certe cose sembrano essere state predisposte
da Dio e dal Diavolo.Certe cose sembrano nate in un abisso
e cresciute nelle tenebre.Certe cose portano l’immagine della bontà
come se il fuoco
ve l’avesse scolpita in bassorilievo.

Certe cose ridono fino a divenire teschi
e poi continuano a ridere.

Certe cose sono come alberi di pesco,
portano a lungo frutti verdi.

Certe cose sono come il vino che uno beve
soltanto per ubriacarsi.

Certe cose colpiscono
il cuore come un colpo di gong,
così che poi risuona a lungo.

Certe cose schiacciano il cuore come se fosse
uno scarafaggio.
Ed è orribile, come spiaccicare
uno scarafaggio.

Certe cose sono come il fulmine:
possono essere guidate
anche se pericolose.

Certe cose sono come pensieri dal piede pesante,
hanno il piede pesante anche se abitano il cielo.

Certe cose sono come le aquile.
Vivono in alto -
possono benissimo dimenticare la valle.

Certe cose sono come il terremoto:
utilizzano tutte le nostre paure.

Certe cose sono come la Bellezza che è morta da tempo:
solo l’acqua profonda del pozzo può lavarle e destarle.

sabato 5 gennaio 2013

Alfonsina Storni


Alfonsina Storni, ( 29 maggio 1892 - 25 ottobre 1938) poetessa, scrittrice e giornalista nacque in Svizzera nel Canton Ticino e all'età di 4 anni si trasferì in Argentina. Suo padre che aveva dei problemi economici ed era alcolista muore nel 1906, lei cominciò a lavorare all'età di dieci anni, riuscì però a ottenere un diploma di insegnante.
Ragazza madre orgogliosamente lottò contro i pregiudizi e per i diritti delle donne.
Muore nel 1938 suicida gettandosi nell'oceano a causa di un tumore di cui soffriva e che le aveva causato una forte depressione.

POESIE:



Io sono come la lupa

Io sono come la lupa.
 Me ne vado sola e rido
 del branco.
 Mi guadagno il cibo ed è mio
 dovunque sia, poiché ho una mano
 che sa lavorare e cervello sano.
 Chi mi può seguire venga con me,
 ma io me ne sto ritta, di fronte al nemico,
 la vita, e non temo il suo impeto fatale
 perché ho sempre un pugnale pronto in mano.
 Il figlio e dopo io e dopo... quel che sia!
 Quel che prima mi chiami alla lotta.
 Talvolta l’illusione di un bocciolo d’amore
 che so sciupare prima ancora che diventi fiore.



------------------------------------------------------------------


Vado a dormire

Denti di fiori, cuffia di rugiada,
mani di erba, tu, dolce balia,
tienimi pronte le lenzuola terrose
e la coperta di muschio cardato.

Vado a dormire, mia nutrice, mettimi giù.
Mettimi una luce al capo del letto
una costellazione; quella che ti piace;
tutte van bene; abbassala un pochino.

Lasciami sola: ascolta erompere i germogli...
un piede celeste ti culla dall'alto
e un passero ti traccia un percorso

perché dimentichi... Grazie. Ah, un incarico
se lui chiama di nuovo per telefono
digli che non insista, che sono uscita...



Voy a dormir

Dientes de flores, cofia de rocío,
manos de hierbas, tú, nodriza fina,
tenme prestas las sábanas terrosas
y el edredón de musgos escardados.

Voy a dormir, nodriza mía, acuéstame.
Ponme una lámpara a la cabecera;
una constelación; la que te guste;
todas son buenas, bájala un poquito.

Déjame sola: oyes romper los brotes...
te acuna un pie celeste desde arriba
y un pájaro te traza unos compases.

para que olvides...Gracias. Ah, un encargo:
si él llama nuevamente por teléfono
le dices que no insista, que he salido