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giovedì 28 giugno 2018

William Burroughs intervistato da Re Nudo


COME ARTAUD, COME BECKETT, W. BURROUGHS dice di essere:
<<L'ULTIMO SCRITTORE>>

 Re Nudo Maggio 1971 – nr. 5

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Il più enigmatico degli scrittori della Beat Generation William Burroughs è rivendicato dall'underground di tutto il mondo. I suoi libri sono i più violenti, i più disperati i più devastati dei nostri tempi. Come egli stesso ha scritto la sua opera è diretta contro coloro che per stupidità o per proposito sono decisi a far saltare in aria il pianeta o a renderlo inabitabile. Viaggiatore di tutti gli spazi, grande esploratore della droga cometa naufragata dal Messico a Parigi di passaggio par Tangeri egli ha messo a punto una straordinaria tecnica di scrittura in cui si intersecano magistralmente la scrittura automatica e la fantascienza il collage dadaista e la prosodia bop...

A.: l'underground vi rivendica; la opera di W. Burroughs fa parte della cultura underground?
W:B: la cultura underground è un pot-pourri, gruppi e genti diversissimi tra loro ci si identificano nell'equivoco.
A.: quale è la situazione dell'underground a Londra?
W.B.: non ho molti contatti, credo che l'Inghilterra sia a rimorchio degli S.U. Tutto è molto fluido e non si capisce del resto perché dovrebbe essere altrimenti. Gli inglesi hanno un talento particolare; essi incanalano a meraviglia la contestazione, l'establishment tiene in mano la situazione. L'underground londinese non ha lo stimolo che hanno i militanti neri negli S.U.
A.: che pensa del <movimento> in generale, degli hippies e delle comunità?
W.B.: condivido la loro insoddisfazione, ma attendo da parte loro delle proposte concrete di azione politica. Reagisco con piacere alla fioritura di Fronti di Liberazione, poiché tutto evidentemente favorisce il Fronte di Liberazione degli omosessuali. Ogni gruppo si comporta come se non dovesse mai prendere il potere. Desidererei sapere che farebbero se lo ottenessero. Prendiamo un esempio: l'approvvigionamento dei mercati, dei ristoranti e dei magazzini alimentari, rappresenta uno sforzo tecnologico considerevole che impegna la vita di milioni di persone. Che accadrebbe se questa enorme massa disertasse la società organizzata per combatterla? Essi morrebbero di fame in una settimana. I militanti sono pronti a prendere in considerazione questo tipo di problema?
A.: Lei dunque è in disaccordo con coloro come i leaders hippies, che consigliano alla gioventù di vivere ai margini e di attendere che il sistema si disintegri da solo.
W.B.: io preferisco delle proposte concrete. Lenin o la socialdemocrazia tedesca di Kautsky avevano un programma, delle idee precise sulla società da costruire. I rivoluzionari di oggi tacciono in proposito; fanno una piccola guerra con dei piccoli mezzi, le guerriglie marginali -revolvers ed esplosivi- non hanno una presa sufficiente sulla società industriale.
A.: Lei si interessa veramente di politica?
W.B.: non ho mai pensato che la politica possa risolvere qualche cosa. Quando un affare è discusso a livello politico è la morte. I sistemi si oppongono e si somigliano: io non vedo la differenza tra la polizia sovietica e la polizia zarista. Tuttavia tutti i problemi sono politici e quello della sessualità in primo luogo. Ma una vera rivoluzione deve coincidere con uno sconvolgimento totale delle coscienze, ribaltando l'uso dei mezzi di comunicazione di massa che hanno provocato gran parte dell'evoluzione di questi ultimi dieci anni.
A.: lei pensa ad una rivoluzione della mente?
W.B.: gli scienziati balbettano davanti alle possibilità che offre loro lo sviluppo delle conoscenze scientifiche. Ultimamente si sono applicati degli elettrodi al cervello di uno scimpanzè che si è poi coordinato con uno ordinatore; gli impulsi del cervello erano trasmessi alla macchina che li registrava e rispondeva. Sembra che così si potranno programmare degli uomini, curare i nevrotici, stimolare la memoria.
A.: crede che gli Stati Uniti siano entrati in un periodo di rivoluzione sessuale?
W.B.: non so... non sono molto colpito da quello che ho potuto vedere...
A.: e il Fronte di Liberazione della donna?
W.B.: le donne americane non vogliono essere più trattate come delle femmine ma come qualche cosa d'altro. Questo stato d'animo è vicino a quello della Cina comunista: là le donne portano gli stessi vestiti degli uomini, fanno lo stesso tipo di lavoro e non hanno dei privilegi particolari.
A.: tra i vecchi miti da distruggere quale è secondo lei il più pericoloso?
W.B.: non so. Tutta la pattumiera dell'establishment è da mettere in discussione. Questa cristianità che imputridisce il sistema da secoli, questi concetti che generano l'odio e la competizione come la famiglia e la nazione, questo grande mucchio di sporcizia. Se voi distruggete queste idee che reprimono le persone, le trascinano nell'ingranaggio delle reazioni automatiche, potrà essere che l'uomo liberato troverà infine qualche cosa d'altro? Nonostante tutto lo spero, non si può mai sapere. Io penso, per esempio, che non ci sia niente da attendersi dall'Inghilterra, tanto che non si sono mai viste diecimila persone sfilare a Londra al grido di <si smerdi la regina>.
A.: o il re.
W.B.: no la regina; anche quando c'è un re in Inghilterra è sempre la regina che domina il paese. Regina Vittoria, regina Elisabetta... i re non servono che alla riproduzione in questa società di insetti. Gli inglesi faranno il loro primo passo il giorno in cui si sbarazzeranno di questa inutile famiglia.

LE DONNE SONO UNA SPECIE DI ERRORE FONDAMENTALE

A.: lei non ama le donne. Nella <morbida macchina> il personaggio femminile divora il sesso di un uomo che ha da poco conquistato.
W.B.: Conrad afferma nel suo libro Vittoria, che le donne sono una maledizione, una specie di errore fondamentale.
L'orientamento antisessuale della nostra società serve alle donne: garantisce loro il controllo dell'uomo. La famiglia tradizionale blocca ogni progresso: i bambini sono allevati dalle donne, essi ereditano necessariamente tutte le idiozie del sistema e le nevrosi dei loro genitori. La nazione non è che una estensione, un'appendice della famiglia biologica. L'educazione dei bambini dovrebbe essere affidata allo stato. Questo è in parte il caso della Cina. A parte effimere esperienze iniziali la Russia ha lasciato sussistere la famiglia borghese.
A.: cosa mettere al posto della famiglia?
W.B.: niente! Meno i due sessi hanno rapporti meglio va.
A.: e l'amore?
W.B.: è un virus, un inganno inventato dalle donne.
A.: quali sono gli scrittori che l'hanno maggiormente influenzato?
W.B.: Jean Genet: è formidabile che abbia potuto scrivere <Notre dame des Fleurs> sulle pagine di una rivista. Che bel manoscritto! Ho ugualmente subito l'influenza di altri scrittori che ho letto: Cornad, Joyce, Céline, Cocteau, Beckett, Malcom Lowry...
A.: i suoi contatti con la Beat Generation?
W.B.: non ho mai incontrato Ferlinghetti ma ho conosciuto Michael McClure, Allen Ginberg, Gregory Corso, Jack Kerouac.
A.: lei è sulle loro stesse posizioni?
W.B.: non esattamente. Io li frequentavo ma noi non facciamo affatto le stesse cose. Io non credo alla non-violenza; le persone al potere non si autodepongono, nessuno manda fiori ai poliziotti se non tirandoli da una finestra e dentro un vaso.
A.: nella sua esistenza di tossicomane si è scontrato con la violenza...
W.B.: veramente no, tranne che per una settimana in cui rubai nel metrò di N... Non rubai granché, vuotavo le tasche agli ubriachi. Una sera uno di questi si mosse, lo si dovette picchiare. Dopo di ciò mi fermai.
A.: ma vi è del sadismo nei suoi libri?
W.B.: niente affatto a mio avviso.
A.: il suo obiettivo è soprattutto di rinnovare la scrittura e di sconvolgere le tecniche letterarie?
W.B.: mi sono sempre interessato all'innovazione linguistica. Non vedo l'interesse che ci sarebbe a rifare ciò che è già stato fatto, anche se lo si fa bene: a che servirebbe, al giorno d'oggi, un buon romanzo vittoriano? Noi siamo nell'epoca della televisione e della pittura astratta. Lo stesso Genet non è mai uscito da un certo classicismo, anche se esce fuori con le parole dalla prigione del linguaggio.
A.: le interessa la scrittura automatica dei surrealisti?
W.B.: si. Ma quante scritture che si definiscono automatiche lo sono realmente? I surrealisti avevano cominciato bene, ma solo Artaud ha continuato. Breton è diventato un papa: frequentava i salotti e passava il suo tempo a scrivere lettere di scomunica. Tzara, lui si è un innovatore: è stato lui che ha proposto di comporre un testo estraendo le parole da un cappello. Perché non introdurre dunque il caso anche nella letteratura, come lo è stato nella strategia militare od economica mediante la teoria dei giochi di Neumann e Morgenstern. L'aereonautica americana preparava i piani di attacco secondo cinque ipotesi differenti. Se ne estraeva una a sorte all'ultimo momento: il nemico non aveva così alcuna possibilità razionale di indovinare le intenzioni dello Stato Maggiore avversario. Cut-ups, o Fold-in, le tecniche di scrittura che abbiamo sperimentato puntano nella medesima direzione.

<L'EROINA MI HA DISTRUTTO>

A.: Lei crede che la droga possa ad un allargamento della coscienza.
W.B.: le droghe non sono molto importanti in sé stesse. Hanno il loro ruolo: è un mezzo che si usa per accorciare la via in mancanza di altro. Ma sarebbe ottimista credere che le droghe potrebbero da sole produrre una trasformazione radicale delle coscienze. Guardi il Marocco: si fuma legalmente da secoli e non è successo niente di speciale. La sostanza più interessante di tutte quelle che ho provato è lo yage. Un allucinogeno incredibile, da prendere di notte, con visioni al color bleu. Sfortunatamente lo yage provoca una leggera nausea, è soprattutto molto tossico e non ha un gran margine di sicurezza. Mentre la cannabis, non ha alcuno di questi inconvenienti, anzi.
A.: la psilocibina?
W.B.: Non mi piace affatto: è sintetica. Io preferisco di gran lunga le droghe naturali a quelle chimiche. Personalmente sono allergico a l'LSD: ad alte dosi rammollisce il cervello. Con l'acido ho il viso gonfio e le mani balorde. Con la cannabis mi controllo e mi sento molto sicuro di me; me ne servo per lavorare, accelera l'andatura delle associazioni. Ottengo così 3 o 4 idee su di uno stesso argomento, nello stesso tempo.
A.: cosa intende per allargamento della coscienza?
W.B.: è quasi impossibile spiegarlo. Gli allucinogeni ampliano le percezioni, ci si può arrivare anche senza droga ma è molto più difficile.
A.: come ha cominciato con l'eroina?
W.B.: per curiosità, parecchi anni fa. Poi mi sono assuefatto prestissimo come tutti: in sei mesi. A parti da allora ero intossicato a vita. Ho preso eroina per 15 anni, con delle pause. Ho smesso, ho ricominciato, ho smesso di nuovo. Se ne riprendessi ora mi intossicherei in due giorni. Bisogna che mi sorvegli da molto vicino. Supponga che mi prenda un raffreddore e che mi curi come ho fatto una volta in Francia, con delle pillole alla codeina: il Neocodion. È blando in apparenza, ma tutto potrebbe servire a farmi ricominciare.
A.: da questo elenco di droghe, encodal, pantoton, oppio, pulpium, morfina, cocaina, eroina, come ne è uscito?
W.B.: con l'apomorfina. Ero giunto al limite di sopportazione quando sentii di questo vaccino. Vivevo allora in un tugurio in un quartiere indigeno di Tangeri. Da più di un anno non mi lavavo, né mi cambiavo di abito. Non mi spogliavo quasi più, salvo per conficcare ogni ora l'ago di una siringa ipodermica nella mia carne grigia e fibrosa, la carne legnosa dello stadio finale della droga. Non avevo mai pulito né messo in ordine la camera. Scatole di fiale vuote, distrutte, di ogni specie si accumulavano fino al soffitto. L'acqua e l'elettricità erano state tagliate da tempo, non facevo proprio niente. Potevo restare immobile otto ore di seguito e contemplare il fondo delle mie scarpe. Non mi muovevo se non per rovesciare una clessidra. Quando un amico veniva a trovarmi (ma venivano raramente), a vedere che restava di me, io rimanevo prostrato, indifferente nell'ombra che offuscava la mia vista. Questo schermo grigiastro ogni giorno più vuoto e più sfumato. Senza prestare alcuna attenzione alla sua presenza. Se questo amico mi fosse caduto davanti io sarei restato seduto senza muovermi, attendendo la sua morte per potergli svuotare le tasche.
A.: l'eroina è stata una esperienza interessante?
W.B.: no.
A.: avrebbe potuto scrivere gli stessi libri senza essere tossicomane?
W.B.: non ho scritto nessun libro quando prendevo l'eroina; era assolutamente impossibile. L'eroina diminuisce non solo la percezione del particolare ma anche la percezione dell'insieme del processo psico-fisico. Un artista deve poter dominare i suoi sensi e la sua coscienza. Ma per uno scrittore ogni esperienza è proficua anche la più distruttrice.
A.: di che viveva allora? Non lavorava?
W.B.: no. Ricevevo un po' di denaro dai miei genitori.
A.: erano a conoscenza del suo stato?
W.B.: si, lo sapevano.
A.: si pensa in genere che quelli che ricorrono all'eroina lo facciano perché spinti da motivi psicologici.
W.B.: è ridicolo. La maggior parte dei tossicomani lo è perché ha preso gusto alla droga. Vi erano recentemente in Iran 3 milioni di tossicomani, che non avevano certo tutti, almeno credo, problemi psicologici. Nell'America del sud gli indiani si abbrutiscono con la cocaina. Potrebbero essere allo stesso modo degli alcolizzati se solo ne avessero l'occasione: prendono quello che trovano per dimenticare la loro condizione miserevole. Il problema è lo stesso per gli abitanti dell'India che sono ricorsi all'oppio.
A.: lei scrive tutti i giorni?
W.B.: si, salvo quando mi prendo qualche vacanza.
A.: la cannabis è dunque l'unica droga che desidererebbe vedere autorizzata?
W.B.: droga od alcol la legge non offre soluzioni. Si ricordi del fiasco del proibizionismo in America. La soluzione può venire solo da una regolamentazione intelligente.