Sylvia Plath - nata a Boston il 27 ottobre 1932 , morta a Londra l' 11 febbraio 1963 - poetessa e scrittrice statunitense.
Dimostrò fin da bambina un talento precoce nello scrivere pubblicando poesie e racconti.
Ebbe un disturbo bipolare che le causava la depressione, a 18 anni fece il suo primo tentato suicidio e fu ricoverata in un ospedale psichiatrico.
Quando usci si laureò con lode, sposò il poeta inglese Ted Hughes, fece l' insegnante.
Frequentò insieme ad Anne Sexton un corso di scrittura creativa di Robert Lowell che la influenzò molto.
Scoprì di essere incinta allora si trasferì a Londra col marito, ebbe 2 figli e un aborto che incrinò il rapporto col marito, due anni dopo la nascita del primo figlio si separarono a causa della relazione che lui aveva iniziato con la moglie di un amico.
Sylvia scrisse e pubblicò il romanzo in parte autobiografico "The Bell Jar" - La campana di vetro con lo pseudonimo di Victoria Lucas.
Un mese dopo la pubblicazione, l' 11 febbraio 1963, Sylvia Plath si suicidò.
Hughes si occupò dell' opere letterarie di Sylvia, distrusse l' ultima parte del diario che lei teneva e che lo riguardava; con la madre di Sylvia che voleva evitare la pubblicazione delle opere più controverse della figlia fece un accordo.
Prima di morire Hughes nel 1998 scrisse del suo affetto irriducibile per Sylvia.
POESIE
L'aspirante
Prima di tutto ce li hai i requisiti?
Ce l'hai
un occhio di vetro, denti finti o una gruccia,
un tirante o un uncino,
seni di gomma, inguine di gomma,
rattoppi a qualcosa che manca? Ah
no? E allora che mai possiamo darti?
Smetti di piangere.
Apri la mano.
Vuota? Vuota. Ma ecco una mano
che la riempie, disposta
a porgere tazze di tè e sgominare emicranie,
e a fare ogni cosa che gli dirai.
La vorresti sposare?
È garantita,
ti tapperà gli occhi alla fine della vita
e del dolore.
Con quel sale ci rinnoviamo le scorte.
Vedo che sei nuda come un verme.
Che te ne pare di questo vestito-
Un po' rigido e nero, ma niente male.
Lo vorresti sposare?
È impermeabile, infrantumabile, abile
contro il fuoco e imbombardabile.
Credi a me, ti ci farai sotterrare.
E adesso, scusa, hai vuota la testa.
Ho la cosa che fa per te.
Su, su, carina, esci fuori dal guscio.
Ecco ti piace questa?
Nuda per cominciare come una pagina bianca
ma in venticinqu'anni d'argento,
d'oro in cinquanta, potrà diventare.
Una bambola viva, sotto ogni aspetto.
Sa cucire, sa cucinare,
sa parlare, parlare, parlare.
E funziona, non ha una magagna.
Qua c'è un buco, che è una manna.
Qua un occhio, una vera visione.
Ragazzo mio, è l'ultima occasione.
La vorresti sposare, sposare, sposare?
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MARIONETTE
“Vede, Signora,
io sua figlia l’ho sempre amata.
Arrivavo ogni mattina con in tasca
pesci vivi, oroscopi e poesie.
Ma la sua bambina aveva nel corpo
lune insanguinate,
l’impronta infangata di uno stivale.
Il suo odio fermentava con la frutta in cantina.
Il suo odio cresceva e cresceva,
strangolava la casa
Vede, Signora,
sono nato in una valle di fantasmi.
Un paese di morti dove quando fa buio
le divise dei soldati marciano vuote lungo le strade.
E ogni notte la sua bionda bambina mi chiedeva di morire,
ogni notte lasciava un cadavere di cenere sul letto.
Un uomo ha in bocca la fame mai sazia dei lupi.
Ha sempre bisogno di mordere,
di succhiare il sapore selvatico.
E il mio sperma impazziva nei lombi,
la nutrivo ogni notte con le gocce dei miei sogni.
Non l’ho cercata, lo giuro.
Mi ha trovato seguendo un’orbita errata di stelle.
Nuotando e nuotando contro corrente.
Allargava i suoi occhi nel buio,
fiutava il mio odore col ventre.
La chiamai dalla riva.
Era un luccio gigante,
una cornucopia di luce nella marea del mattino.
Guizzò nell’aria: aveva un feto nell’iride dell’occhio,
si dibatteva con furia contro l’uncino del mio sesso.
Vede, signora,
ero un baco senza pupille
lei mi chiuse le palpebre con dita sudate,
mi avvolse con un filo di bava
nel suo bozzolo bianco.
E a casa la sua bambina bella cadeva fra i narcisi.
Si rompeva in mille pezzi,
pura e dolorosa come un grido.
Un crack fra le mie mani, così.
La vita le usciva da un fianco,
il sangue tornava alla terra.
Io non centro, lo giuro.
Fece tutto da sola.”
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